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Dopo le elezioni 2: strategie dei partiti

di Sergio Lugaresi

Oltre ai programmi elettorali, che i partiti e le coalizioni, riempendoli di “promesse da marinaio”, usano più per attrarre elettori che per vincolarsi nella legislatura, esistono le strategie, come dire, “commerciali” dei partiti: come ottenere, nel medio/lungo periodo, maggiore potere, cioè più voti (anche se in Italia con incertezza sul sistema elettorale). Sono strategie non rese note, ma facilmente identificabili. Cerchiamo di capirle per avere una idea delle possibili evoluzioni del sistema politico italiano.

Lega e M5S sono i vincitori delle elezioni, ma non hanno una maggioranza per governare (M5S da soli, la Lega con la coalizione di centrodestra). PD e Forza Italia (quest’ultima seppure in coalizione di centrodestra) sono i perdenti. I vincitori cercheranno di predare i perdenti: i M5S di conquistare il PD (LeU, di fatto, se lo sono già pappati), la Lega di conquistare Forza Italia.

Come rispondono i perdenti? Ovviamente i perdenti devono cercare di logorare i vincenti e, nel fare questo, sono potenzialmente alleati tattici. Allo stesso tempo, però, ognuno dei due perdenti deve evitare che l’altro lo fagociti. Dunque, il primo obiettivo dei perdenti è prima di tutto di ostacolare la formazione di governi che possano rafforzare i loro rispettivi potenziali predatori. Allo steso tempo non possono lasciare il presidio del centro al concorrente.

In mancanza di maggioranze precostituite, la decisione su a chi dare l’incarico di formare il governo è, da Costituzione, del Presidente della Repubblica: non ci sono regole automatiche. E’ assai probabile anzi che data la non esistenza di maggioranze precostituite, il presidente dia inizialmente un incarico esplorativo ad uno dei due neoeletti Presidenti delle Camere. Questo però sposta solo su altre persone e in avanti nel tempo il momento delle decisioni.

Dunque, per semplicità, supponiamo che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, conferisca l’incarico di tentare di trovare una maggioranza parlamentare e formare un governo a Matteo Salvini, il leader della coalizione che ha ottenuto la maggioranza relativa. A Forza Italia converrebbe che il tentativo non avesse successo o che fallisse dopo poco tempo. per esempio, su una scelta importante (rompere con l’Unione Europea?), Forza Italia potrebbe togliere il sostegno al governo Salvini e proporsi come guida del centro (nel frattempo il PD potrebbe essere stato fagocitato dal M5S, il maggiore oppositore di un potenziale governo Salvini).  E’ quindi prevedibile che in caso di incarico a Salvini, Forza Italia eserciterebbe il massimo di pressione sul PD per non ostacolare la nascita del governo, chiedendo anzi un supporto per rafforzarne la componente moderata. Qui entrano in campo i programmi elettorali. Non sembrano essere molti gli elementi che il centrodestra può offrire al PD in cambio del sostegno al proprio governo: oltre a lasciar perdere i propositi distruttivi di leggi passate (Fornero e Jobs Act), una impopolare riduzione del debito pubblico (peraltro non nel programma della Lega) e provvedimenti precisi nel campo della sostenibilità ambientale. Al PD, comunque, converrebbe che il tentativo Salvini non avesse successo, poiché rafforzerebbe il M5S. Non mi sembra, dunque, la formazione di un governo Centrodestra-PD una soluzione probabile al primo giro. Ma potrebbero esserci più giri…

Nel caso dunque in cui il PD non cadesse nella trappola del centrodestra, il secondo incarico esplorativo potrebbe essere affidato a Luigi Di Maio. In tal caso Di Maio dovrebbe fare il massimo sforzo per ottenere l’appoggio del PD. A Forza Italia converrebbe facilitare tale sviluppo, nell’obiettivo di ottenere la leadership del centro. Per il PD l’obiettivo sarebbe quello di ottenere il massimo contenimento delle istanze populiste del M5S, ma caratterizzare al massimo la propria presenza nel governo. Ciò potrebbe essere ottenuto non solo bloccando le istanze anti-europee e le minacciate modifiche al Jobs Act e alla legge Fornero, ma concordando anche un piano di estensione della spesa pubblica contro la povertà e l’abbandono scolastico, limitata, per esigenze di bilancio, ad aree e settori particolarmente colpiti dalla globalizzazione, e continuando di fatto le politiche sull’immigrazione del Ministro Minniti. Tali tipi di coalizione tendono a penalizzare l’alleato minore, in questo caso il PD. Per questo il prezzo del PD, in termini di ministri e programma, dovrebbe essere assai elevato. L’opposizione della Lega (Europa, spesa pubblica, mancata distruzione del già fatto) porrebbe il M5S in continua difficoltà, così come Forza Italia tenderebbe a porre in difficoltà il PD su tasse e debito pubblico. Nel medio periodo, sarebbe interesse di entrambi i patiti di questa maggioranza di rompere la coalizione per spiazzare il concorrente diretto all’opposizione o l’alleato.

Entrambe le coalizioni (centrodestra-Pd, Ms5-Pd) sarebbero quindi instabili, ma la coalizione M5S-PD sembrerebbe programmaticamente più possibile. A meno che M5S fosse disponibile  a significative concessioni al PD (o che il PD decidesse di suicidarsi seguendo LeU, i cui istinti sono sempre più evidenti…), è dunque probabile che non si formi nessuna maggioranza col sostegno del PD.

Rimarrebbero solo due altre ipotesi: 1) un governo incubo M5S-Lega; 2) un governo di scopo per la riforma elettorale ed elezioni il prossimo anno. Il primo sarebbe la soluzione ideale per PD e Forza Italia: sarebbe un governo caratterizzato da inesperienza, inettitudine, caos, tradimenti: il caso Grecia insegna, il caso Comune di Roma non è comparabile. Si tornerebbe ad elezioni, vincerebbe chi, al centro, mettesse in campo la squadra migliore (in Grecia, p. es., sembrerebbe essere la destra).

Il caso del governo di scopo sembrerebbe dunque il più probabile. Nessuno se ne è ancora accorto, ma, con i numeri attuali, un sistema  elettorale a doppio turno (quello sempre sostenuto dal PD) potrebbe portare alla scomparsa del PD e forse anche di Forza Italia. A questi ultimi, converrebbe perciò partecipare al governo di scopo per evitare riforme elettorali che possano annientarli.

Dunque, a PD e Forza Italia, converrebbe che si formasse  una maggioranza a cui non partecipano. A M5S e Lega, però, non conviene allearsi, come a qualsiasi giocatore di poker non conviene passare sul proprio bluff.

Intanto, possono passare mesi, molti mesi. Non male, tutto sommato: gli affari correnti li continuerebbe a svolgere il migliore (sempre relativamente…) governo degli ultimi dieci anni. Nessuna decisone devastante sarebbe presa dallo stato e la ripresa economica del settore privato potrebbe consolidarsi. E potrebbero cambiare, magari in meglio, tante altre cose.  Come in Spagna e in Belgio, potremmo accorgerci che l’assenza di governo non è poi così male…

Verso le lezioni 2: il programma di Liberi e Uguali

di Sergio Lugaresi

Il Programma di Liberi e Uguali (http://liberieuguali.it/programma/) è molto generico, non rispetta il criterio dell’indicazione delle risorse per le promesse che fa. Nulla dice su politiche per recuperare produttività e sostenere la crescita economica, e quindi l’occupazione sana, sul debito pubblico, sull’Unione Europea. In realtà alcune proposte, come il “superamento” del Jobs Act, renderebbero di nuovo più rigido il mercato del lavoro, favorendone il lavoro nero e la segmentazione tra protetti e non. Le uniche cose concrete che ho trovato riguardano l’istruzione universitaria, la sostenibilità ambientale e l’inclusione sociale.

Istruzione

In realtà, neanche la proposta concreta e specifica, l’abolizione delle tasse universitarie, passerebbe il test delle coperture, essendo una riduzione di entrate che dovrebbero trovare copertura in aumento di altre imposte o in una riduzione della spesa o nell’aumento del debito pubblico. Tuttavia, la proposta non solo è così formulata incostituzionale, ma anche sbagliata. Non vi economista infatti che non sappia che la riduzione delle tasse universitarie è  una misura regressiva, che aiuta le famiglie più ricche e di fatto riduce le risorse, già scarse, dedicate alla ricerca e all’alta formazione. Sarebbe invece necessario, invece, aumentare le tasse universitarie mettendo a disposizione maggiori borse di studio e prestiti d’onore per gli studenti meritevoli e di famiglie con redditi bassi.

Sostenibilità ambientale

L’unica proposta che non è un promessa da marinaio è questa:

  • Reindirizzare gli ingenti sussidi statali attualmente diretti al sostegno di attività dannose per l’ambiente verso interventi virtuosi per la rigenerazione delle nostre città, per imporre un definitivo stop al consumo di suolo urbano e agricolo, per varare un piano di tutela e promozione del capitale naturale del nostro paese, per intervenire seriamente sulla riduzione degli impatti del mondo agricolo e dell’allevamento, per pianificare ed attuare le bonifiche dei territori devastati da attività industriali dissennate e dalla diffusione di manufatti in amianto, per migliorare la qualità dell’aria partendo da un forte potenziamento dei trasporti pubblici urbani e pendolari su ferro e dei sistemi logistici intermodali nonché per un programma strutturale per la conversione dell’industria pesante ed inquinante.

La proposta andrebbe meglio quantificata, ma appare sbilanciata a favore dell’aumento delle spese.

Inclusione

In sostanza la proposta di LeU è di aumentare la progressività dell’IRPEF, aumentare l’imposizione patrimoniale, estendere il Reddito di Inclusione e le politiche sanitarie a favore delle persone non autosufficienti e dei disabili. Se sia opportuno aumentare le tasse sul lavoro dipendente, inclusi i redditi medi, e aumentare le spese a parità di inefficienza della pubblica amministrazione lo lascio a voi decidere.

Verso le elezioni 1: il debito pubblico

Verso le elezioni 1: il debito pubblico

di Sergio Lugaresi

Per scegliere chi votare contano due cose: il programma “vero” del partito che voterete (ossia non le promesse, ma quello che può realisticamente perseguire) e il candidato che voterete. Iniziamo da quest ultimo, perché si possono fare solo considerazioni generali, essendo i candidati diversi per circoscrizione elettorale. E’ importante il curriculum del candidato perché in una democrazia rappresentativa il candidato è importante. Esso infatti, almeno in tutta Europa, non ha vincolo di mandato, ossia può cambiare partito una volta eletto (art. 67 della Costituzione italiana: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”). I nazional-populisti sono contro questo principio. Ma così è ed è giusto che sia. La personalità del candidato/a e le sue competenze (non il suo nome, né la sua categorizzazione: giornalista, campione sportivo, modella ecc.) sono quindi importanti. Se intendete votare per qualche conoscente nella speranza di ottenere benefici personali, siete sicuramente immorali e probabilmente stupidi (i benefici non li avrete o si li avrete ciò sarà probabilmente a danno degli interessi generali e quindi prima o poi la pagherete).

Per quanto riguarda il programma dei partiti non prenderò in considerazione nessuna promessa di benefici per i cittadini (maggiore spesa pubblica, riduzione delle imposte) che non sia accompagnata da una precisa indicazione di come sarà finanziata.: quelle che Tito Boeri, attuale Presidente dell’INPS, ha chiamato le “promesse da marinaio”. In generale, ma ancor di più in una situazione di finanza pubblica  come quella italiana (132% del PIL, uno dei più alti debiti pubblici al mondo), ogni promessa di maggiore spesa pubblica o di riduzione delle imposte non finanziata da un equivalente riduzione di spesa o da un aumento della tassazione è una illusione, se non una truffa. La riduzione dell’evasione fiscale e la riduzioni degli sprechi, di cui si parla da oltre quaranta anni, sono obiettivi meritori, ma in campagna elettorale sono solo un velo per coprire le false promesse.

Per ragionare sui programmi elettorali farò riferimento a quelli che secondo me sono i capitoli più importanti:

1) la facilitazione della crescita economica, e quindi la rimozione degli ostacoli alla crescita della produttività (https://comeseneesce.wordpress.com/2017/11/26/reddito-e-produttivita-in-italia-prospettiva-storica-e-rallentamento/), che è quella che permette di aumentare l’occupazione e il benessere economico;

2) la riduzione del debito pubblico, il maggiore ostacolo alla stabilità finanziaria e alla crescita economica dell’Italia;

3) lo sviluppo dell’Unione Europea, che è il contesto economico, politico e culturale in cui può prosperare l’Italia;

4) L’istruzione, il maggiore fattore che garantisce il benessere economico e le buone relazioni tra cittadini nel lungo periodo;

5) la sostenibilità ambientale della crescita economica, ossia la prevenzione dalle catastrofi naturali generate che lo sviluppo umano ha reso sinora più probabili;

6) l’inclusione dei poveri e dei più deboli nei benefici del benessere economico, fattore che contribuisce alla crescita e alla stabilità.

Incominciamo qui dal punto 2, il debito pubblico. Ne Il Foglio del 17 gennaio i principali partiti in campo illustrano i loro progetti. Solo Forza Italia (FI) e Partito Democratico (PDI) si propongono di ridurre il debito pubblico sotto il 100% del PIL: in 5 anni FI, in 10 il PD. Il piano di FI (Renato Brunetta) è il conferimento di beni patrimoniali e diritti dello stato non strategici ad una società veicolo (Special Purpose Vehicle) privata e la loro cartolarizzazione (emissione di titoli a fronte di pacchetti di tali beni e diritti) con la possibilità alla scadenza dei titoli emessi di acquisire tali beni: una operazione finanziaria che potrebbe favorire l’alienazione progressiva di beni patrimoniali e titoli. Il Piano del PD (Luigi Marattin) si basa su crescita reale media al 1,5% per dieci anni  e dismissioni patrimoniali. Due piani con obiettivi meritori, ma poco dettagliati.

Quando passiamo agli partiti, entriamo nel mondo della fantasia inquietante e delle promesse faraoniche, ossia della truffa anticostituzionale (art. 81 della Costituzione Italiana: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”). Per M5S (Laura Castelli): aumento dell’1% del PIL del welfare familiare, reddito di cittadinanza, più investimenti e riduzione delle imposte finanziati da razionalizzazione della spesa: se l’aritmetica non è un’opinione, questo vuol dire aumento del debito!  La Lega (Claudio Borghi Aquilini) più onestamente disconosce il problema di debito pubblico e propone ugualmente più investimenti e meno tasse, ossia un aumento del debito. Per Liberi e Uguali, Stefano Fassina propone, oltre alla solita crescita, una politica europea di pura fantasia: inflazione sopra il 2% e l’attribuzione al Fondo Salva Stati (ESM) di funzioni di assicurazione dei debiti sovrani. Ma Fassina ha mai parlato con qualche tedesco? Nella loro antipatia, i tedeschi (democristiani, liberali o socialdemocratici, non fa differenza) sono semplici e chiari:  ci stanno a condividere i rischi se noi riduciamo il debito e dimostriamo di non essere più spreconi ed evasori. Scusate: hanno tutti i torti?

Nel complesso, quindi, le proposte, su questo aspetto, variano dall’insufficienza alla sfrontatezza. Vedremo in seguito gli altri punti.

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